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Terremoto Amatrice


 

 


La dignità nella catastrofe

 

 

 

Una grande lezione  questa mattina alle esequie delle prime vittime del terremoto del 24 agosto.

Il dolore composto dei parenti seduti accanto a quelle bare mi ha toccato profondamente. Così come le parole del vescovo mons. Giovanni d’Ercole: Un terremoto è la fine: un boia notturno venuto a strapparci di dosso la vita. La nostra terra, però, è popolata di gente che non si scoraggia. Non abbiate paura di gridare la vostra sofferenza, ma non perdete coraggio abbiamo pianto e sofferto insieme ma ora è il momento della speranza”.

Anche noi chiediamo a Dio “E ora che si fa?” sgomenti e inorriditi di fronte a tanto dolore.

Che si fa di fronte alla distruzione di tutto quello che hai costruito nella vita, della tua famiglia, dei tuoi affetti più cari? Può la fede aiutare a rialzarsi per ricominciare ancora a vivere?

Sappiamo per esperienze già vissute come il circo mediatico (e non solo) sia rapido nell’abbandonare questi teatri di devastazioni. A volte leggiamo di situazioni passate da decenni ma non ancora risolte nonostante tutte le promesse. La macchina della burocrazia stritola la buona volontà bloccando e ingarbugliando.

Spero che questa volta un impeto di responsabilità farà in modo che ciò non avvenga.

Anche la nostra Associazione si sta attivando per contribuire attraverso canali sicuri. Doneremo aiuti concreti come siamo abituati a fare certi che la nostra offerta confluirà in opere giuste.

Non dimenticheremo così come non abbiamo dimenticato l’Emilia, L’Aquila e altre tragiche realtà. Ho visto con i miei occhi il Friuli risorto da un terremoto altrettanto devastante come questo. Le fotografie di quelle pietre allineate e numerate perché venissero riusate come dovevano essere per ricostruire.

Auguriamo ai nostri fratelli il coraggio di riprendere la vita: forza non sarete soli!

Perché partire


 


Perché partire

 

 

 

"Chi molto ha avuto dalla vita, molto deve dare"

Da che ho memoria ho sempre sognato di visitare l’Africa.

Ogni volta che avevo occasione di vedere, attraverso i documentari, gli straordinari panorami e gli animali selvaggi che essa sembrava riservare ad ogni viaggiatore che vi mettesse piede, rimanevo estasiata ed ogni volta ripetevo ai miei genitori che io, un giorno, in futuro, sarei andata in Africa.

Non avrei potuto, allora, immaginare che nel 2013, quel giorno, sarebbe divenuto presto realtà.

Durante il mese di Gennaio 2013 sono stata invitata da alcuni amici dell’associazione “il Seme della Speranza” a frequentare un corso per la partenza in missione, un mondo, quello missionario, che avevo iniziato a conoscere essendo volontaria dell’associazione e ascoltando le testimonianze di Enrico e Tiziana, che erano già stati in missione negli anni precedenti, ma, che avevo la curiosità di scoprire ulteriormente e più da vicino.

La partecipazione al corso dei frati cappuccini di Milano mi ha dato la spinta necessaria per partire: nell’Agosto 2013 mi sono recata, insieme ad un gruppo di amici conosciuti proprio al corso, nella splendida Etiopia, nello specifico a Dubbo nel Sud del paese, dove ho avuto l’occasione di ammirare, tutti i panorami che da piccola mi avevano tanto affascinata, ma anche di toccare con mano la povertà, morale e materiale, in cui il popolo etiope e nella fattispecie il popolo wolaitigna, autoctono della regione del Wolayta, dove si trova Dubbo, è costretto a vivere.

Vedere con i miei occhi una realtà così difficile e diversa dalla nostra mi ha fatto assaporare appieno il significato della frase che da il titolo a questo mio breve articolo: "Chi molto ha avuto dalla vita, molto deve dare" così dice Gesù ai suoi discepoli ed io dalla vita ho davvero ricevuto tutto ciò che potessi desiderare.

Unire la passione per il viaggio, intesa non solo come raggiungimento di una meta specifica, ma, come scoperta di ogni singola tappa e il fare del bene a delle persone è stata per me una scoperta veramente interessante, tanto da spingermi, anche professionalmente, a scegliere una formazione che fosse orientata all’aiuto del prossimo anche in contesti internazionali.

La prima esperienza in Etiopia è stata sensazionale: ricca di emozioni, sensazioni, scoperte, avventure, dolori, gioie e tanti, tanti sorrisi. La bellezza e la ricchezza di questa esperienza sono stati il motore che mi hanno spinto a ripetere quest’avventura: due anni dopo, nell’Agosto 2015, sono tornata nuovamente in Etiopia, questa volta con un’ottica diversa rispetto alla prima esperienza, poiché dovevo fare la ricerca per la mia tesi di laurea e sono partita con una mia amica dell’università che ha condiviso con me questa nuova grande esperienza significativa quanto la prima, così simile e così diversa rispetto alla precedente.

Queste prime due esperienze sono state il coronamento di un bellissimo sogno realizzato nel tempo e frutto di sacrifici fatti dai miei genitori in primis, e poi da me, sotto tutti i punti di vista, per permettermi di vivere e di realizzare appieno questo mio grande desiderio.

Quest’anno sarà la volta di una nuova avventura: ora tocca a me realizzare il desiderio di una persona molto importante della mia vita: a settembre infatti, partirò per il Brasile e questa volta, avrò al mio fianco due compagni di viaggio, tra cui, una compagna davvero speciale: mia sorella, Beatrice.

Di questa altra missione, però, vi racconterò al nostro rientro.

Susanna

La rabbia dell'uomo mi ha tolto la felicità


 


Giovani volontari

nelle missioni



 

 

Andate in tutto il mondo...

Solo come evangelizzatori, come catechisti? O anche da giovani cristiani? Sicuramente! Anche perché dell’ANDARE può essere testimonianza di fede vissuta e occasione per rafforzare la convinzione che ogni persona ha una precisa identità: siamo tutti figli di Dio e quindi fratelli.

Da alcuni anni parrocchie, uffici missionari, congregazioni, fondazioni e associazioni umanitarie favoriscono la partenza di giovani anche solo come semplici volontari.

Sono esperienze di solidarietà che offrono un allargamento di orizzonti e un ritorno a casa arricchito di contatti umani e religiosi, di nuove conoscenze, di momenti indimenticabili che permettono di guardare avanti con nuove prospettive.

Credo che Gesù quando invitò apostoli e discepoli ad ANDARE, avesse davanti agli occhi queste esperienze nuove che noi valutiamo positivamente e consigliamo.

Queste esperienze per missionari e missionarie saranno sicuramente circostanze di ulteriore seminagione e a a noi possono offrire uno spaccato positivo del mondo dei giovani e motivo per farli entrare nelle nostre preghiere.

(don Armando da “Cuore amico” luglio 2016)

La rabbia dell'uomo mi ha tolto la felicità


 



Davanti allo specchio





L’unico consiglio che mi sento di dare ai giovani è questo: combattete per quello in cui credete. Perderete, come le ho perse io, tutte le battaglie. Ma solo una potrete vincerne. Quella che s’ingaggia ogni mattina davanti allo specchio”. (Indro Montanelli)

Si cita spesso una battuta: “Bisogna vivere come si pensa, altrimenti si finirà per pensare come si è vissuto”.

Questo monito vale soprattutto per i giovani che non hanno ancora impresso alla loro vita una piega. E’ per questo che lo accosto al  consiglio che a loro indirizzava Indro Montanelli.
Egli introduceva una duplice dimensione nel suo suggerimento. La prima è quella del “pudore”, una realtà sempre più scarsa nei nostri giorni “svergognati”.
Mark Twain ricordava che “l’uomo è l’unico animale capace di arrossire ma è anche l’unico ad averne bisogno”.

Purtroppo spesso, e non solo tra i giovani, impera la sfrontatezza che cancella ogni rossore della coscienza.

C’è poi un’altra dimensione nel consiglio di Montanelli: è quella della coerenza con le proprie idee. Certo, ironicamente ci si potrebbe talora chiedere: ma si hanno ancora idee o convinzioni oggi? La verifica della conformità tra pensare e fare la si fa simbolicamente “davanti allo specchio”, ossia quando si esamina la propria coscienza. Ma anche qui sorge una domanda: si è ancora abituati a guardarsi e a giudicarsi?

Facciamo allora risuonare le parole di sant’Agostino: “Ritorna in te stesso: è li che abita la verità”.

(da “Le parole del mattino” di Gianfranco Ravasi)

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