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L'asino


 

L'asino e il contadino

 

 

 

Un giorno l'asino di un contadino cadde in un pozzo. Non si era fatto male, ma non poteva più uscire. Il povero animale continuò a ragliare sonoramente per ore. Il contadino era straziato dai lamenti dell'asino, voleva salvarlo e cercò in tutti i modi di tirarlo fuori, ma dopo inutili tentativi, si rassegnò e prese una decisione crudele. Poiché l'asino era ormai molto vecchio e non serviva più a nulla e poiché il pozzo era ormai secco e in qualche modo bisognava chiuderlo, chiese aiuto agli altri contadini del villaggio per ricoprire di terra il pozzo.
Il povero asino imprigionato, al rumore delle palate e alle zolle di terra che gli piovevano dal cielo, capì le intenzioni degli esseri umani e scoppiò in un pianto irrefrenabile. Poi, con gran sorpresa di tutti, dopo un certo numero di palate di terra, l'asino rimase quieto.
Passò del tempo, nessuno aveva il coraggio di guardare nel pozzo mentre continuavano a gettare la terra...
Finalmente il contadino guardò nel pozzo e rimase sorpreso per quello che vide. L'asino si scrollava dalla groppa ogni palata di terra che gli buttavano addosso, e ci saliva sopra.
Man mano che i contadini gettavano le zolle di terra, saliva sempre di più e si avvicinava al bordo del pozzo.
Zolla dopo zolla, gradino dopo gradino, l'asino riuscì ad uscire dal pozzo con un balzo e cominciò a trottare felice.


MORALE: quando la vita ci affonda in pozzi neri e profondi, il segreto per uscire più forti dal pozzo é scuoterci la terra di dosso e fare un passo verso l'alto. Ognuno dei nostri problemi si trasformerà in un gradino che ci condurrà verso l’uscita, nei momenti più duri e tristi, possiamo risollevarci lasciando alle nostre spalle i problemi più grandi, anche se nessuno ci da una mano per aiutarci.

Un paio di scarpette rosse

 27 Gennaio 2017 - Giornata della memoria


 

Un paio di scarpette rosse

 

 

 

 C’è un paio di scarpette rosse

numero ventiquattro

quasi nuove:

sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica

‘Schulze Monaco’.

C’è un paio di scarpette rosse

in cima a un mucchio di scarpette infantili

a Buckenwald

erano di un bambino di tre anni e mezzo

chi sa di che colore erano gli occhi

bruciati nei forni

ma il suo pianto lo possiamo immaginare

si sa come piangono i bambini

anche i suoi piedini li possiamo immaginare

scarpa numero ventiquattro

per l’ eternità

perché i piedini dei bambini morti non crescono.

C’è un paio di scarpette rosse

a Buckenwald

quasi nuove

perché i piedini dei bambini morti

non consumano le suole.

(Joyce Lussu)

Se Cristo tornasse




Se Cristo tornasse


 



Se Cristo tornasse oggi tra noi, la gente non lo metterebbe più in croce. Lo inviterebbe a cena, lo ascolterebbe e gli riderebbe dietro le spalle” (Thomas Carlyle)

Non sono pochi i film che hanno immaginato un ritorno di Cristo per le strade di oggi, all’interno dei palazzi delle nostre metropoli e persino nelle chiese a lui consacrate.

Ma se dovessimo immaginare un suo ritorno in mezzo a noi, potremmo forse correre il rischio di dar ragione allo storico scozzese a cui dobbiamo la frase sopra proposta. Eppure lui faceva questa affermazione nell’Ottocento. Oggi sarebbe ancora peggio. Potrebbe capitare a Gesù, con quei lineamenti un po’ orientali, di esser fermato per un controllo dei documenti.

L’elemento che vorrei sottolineare è però quello della derisione benevola. No, non è una esagerazione teatrale o narrativa. Tanti cristiani non prendono sul serio il cristianesimo con le sue verità e le scelte che esige. Un’infarinatura di preghiere e di qualche opera buona non è una risposta al discorso della montagna e ai suoi appelli, così come una vaga conoscenza dei Vangeli non copre la richiesta che Cristo avanza di adesione alla sua rivelazione di verità, di amore, di libertà. Le sue parole, se ridotte a dialogo di società, si spengono, perché esse in realtà hanno il fuoco dentro e vorrebbero invece accendersi nelle menti e nelle anime.

Non si può solo lasciarlo parlare e poi irriderlo perché è “esagerato”. Eppure è questo il rischio che stiamo correndo nel grigiore dei nostri giorni.

Da “Le parole del mattino” di Gianfranco Ravasi

Shalom




Anno vecchio

e anno nuovo

 


Ed eccoci di nuovo a Natale.

Ci eravamo scambiati gli auguri poco tempo fa ed invece è trascorso un intero anno.
I giorni e i mesi ci sono scivolati tra le dita.

Un anno strano il 2016. Un anno bisestile, poco promettente e infatti la cronaca è stata piena di eventi dolorosi. Le guerre, i muri, le stragi e gli attentati. Quelli noti e quelli consumati nel silenzio e anche a nostra insaputa per mano della furia terrorista  in Siria, in Iraq, in Nigeria, in Sudan...

E poi il terremoto in centro Italia, i rifugiati, i disoccupati, la povertà che morde anche qui.

Vi ringraziamo cari amici per la fiducia che continuate a dimostrarci. Nonostante tutto quello che sta succedendo anche qui intorno a noi, ci dimostrate un affetto e una generosità che ci commuovono.

Le notizie dai nostri amici e volontari in Etiopia e quelle da padre Thomas in Eritrea ci confortano e ci esortano a continuare.
Istruzione, alimentazione e sanità faranno camminare da soli questi popoli martoriati che desiderano solo non dover abbandonare la loro terra.

E allora amici cari: ci lasciamo alle spalle un anno bisestile dominato da problemi ma per la nostra Associazione ricco di lavoro.
L’anno nuovo è tutto da scrivere facciamolo ancora migliore!!

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