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Non sappiamo più essere gentili


Non sappiamo più

essere gentili


Il tempo passa e di conseguenza cambiano le mode e le abitudini degli esseri umani. A volte però, purtroppo, cambiano anche alcuni stili di vita che, dal mio punto di vista, invece dovrebbero rimanere uguali nei secoli a venire.

In un Paese come il nostro, dove i problemi sembrano non trovare mai una soluzione adeguata, dove ci sono sempre meno nascite e dove l’età media è sempre più avanzata, la gentilezza sembra avere ceduto il passo all’arroganza e alla freddezza di modi e di stili che sono sempre più essenziali.

Eppure la gentilezza non dovrebbe essere soltanto un comportamento frutto di una buona educazione, ma dovrebbe avere un valore sociale molto più importante. C’è addirittura uno studio dell’Università di Saint Andrew e dell’ateneo di Edimburgo, in Scozia, che dimostra come anche i giovani scimpanzé imparino il valore della gentilezza e lo imparino proprio dagli adulti che insegnano loro a dividere le ricompense alimentari.

Gesti di questo tipo sono molto importanti all’interno di un branco di primati anche per rinforzare quello che sono il valore e la coesione di un gruppo.

La gentilezza, quindi, le scimmie la insegnano e la imparano.

Chissà che non sia troppo tardi per capire che anche noi non abbiamo più scuse e che ogni tanto varrebbe la pena di imparare anche dagli animali.

(Licia Colò - Famiglia Cristiana n. 24)

 

 

La rabbia dell'uomo mi ha tolto la felicità


 La rabbia dell'uomo

mi ha tolto la felicità



Gli occhi dei bambini riescono a semplificare tutto. Anche quando la complessità degli argomenti sembra invalicabile. Ed è quello che è riuscita a fare Gaia, 11 anni, quando si è trovata di fronte alla traccia del tema per il concorso "Scrittori in erba", che chiedeva agli studenti di continuare il testo: "Mi chiamo... e vengo da lontano".
E così Gaia si è messa nei panni di Aiag, piccola migrante africana arrivata in Italia insieme a sua madre.
Il tema ha vinto la sezione "Prima media" dell'iniziativa organizzata dal Miur e che vede la partecipazione di tutte le scuole pubbliche secondarie di Roma.

"Mi chiamo Aiag e vengo dall'Africa; io e la mia famiglia siamo venute in Italia. Ho chiesto alla mia mamma perché ora siamo qui e non in Africa, lei mi dice che è per una cosa chiamata guerra; penso che l'uomo abbia perso la voglia di vivere e che non sappia più amare, ma non l'ho detto a mamma perché il suo viso si era riempito di lacrime ed erano come lacrime indelebili che avevano macchiato il suo cuore. Quando esco per strada ho paura perché tutte le persone si allontanano da me ed i bambini si rifiutano di essere miei amici; a me non importa perché io ho già molte amiche: le stelle. Ci vediamo tutte le sere ed io confido loro tutti i miei segreti; uno di questi è rivedere il mio papà che mi manca molto e voglio anche tornare a casa mia, nella mia cameretta, con i miei amici. Finalmente mamma e' riuscita a trovare lavoro in una casa dove c'è un bambino come me, ed ogni giorno fa le pulizie li'. Quasi dimenticavo! La mia mamma forse è riuscita a trovare una casa (lo spero perché vorrei un bel letto). Mi manca l'Africa, ma non posso fare altro che pregare le stelle di donarmi la felicità che mi è stata tolta dalla rabbia dell'uomo. Penso che non sia giusto che i bambini non vogliano fare amicizia con me, perché in fondo io sono un bambino come loro".

(La Repubblica - 8 giugno 2016)

Domani


Giù le mani dal

crocifisso

 

"Il crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace. E’ l’immagine della rivoluzione cristiana che ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza fra gli uomini fino allora assente. La rivoluzione cristiana ha cambiato il mondo. Vogliamo forse negare che ha cambiato il mondo? Sono quasi duemila anni che diciamo “prima di Cristo” e “dopo Cristo”... Il crocifisso è il segno del dolore umano... Il crocifisso fa parte della storia del mondo.

(Natalia Ginzburg)

Così scriveva Natalia Ginzburg sul ”L'Unità”, il 22 marzo 1988, ribellandosi a una delle tante richieste di eliminazione del crocifisso dai luoghi pubblici, sulla scia di un secolarismo aggressivo che vorrebbe cancellare i simboli umani e storici in una sorta di anelito al vuoto, all’assenza, al grigio indistinto.

Quel segno che ha cambiato il mondo, che proclama l’uguaglianza di tutti, che raggruma in se il dolore dell’umanità, che è un indice puntato contro le ingiustizie del potere non è forse una lezione da spiegare più che una voce simbolica da far tacere?

Ma vorremmo aggiungere alle parole della Ginzburg quelle di un importante studioso come Carlo Ossola nel suo Continente interiore: “Rimuovere un crocifisso lascia, sulla parete, la propria sindone di orli grigiastri, una croce di bianca assenza nell’intonaco del muro. La prossima sentenza sarà, dunque, contro l’inquietante Presenza dell’Ombra”.

Da "Le parole del mattino" di Gianfranco Ravasi

Domani


 

La nostra missione



 

Nell'immaginario collettivo l'Etiopia e l'Eritrea evocano spesso carestie, povertà, conflitti.

In questo ritratto c'è molto di vero, visto che questi due Paesi sono tra i più poveri del mondo, afflitti da un grave sottosviluppo: secondo l'indice di sviluppo umano calcolato dalle Nazioni Unite, l'Etiopia si classifica al 171esimo posto mentre l'Eritrea al 182esimo posto su 186.

In Etiopia ed Eritrea si vive poco e a fatica, la speranza di vita alla nascita è di solo 48 anni e il 47 per cento della popolazione vive sotto la soglia di indigenza.

La maggior parte della popolazione sopravvive grazie all'agricoltura di sussistenza, spesso messa in crisi dalle ricorrenti siccità. Uno dei maggiori problemi resta comunque il basso livello di alfabetizzazione, specialmente per le donne, che ha un impatto negativo sulla ricerca di un impiego. Allarmante anche il problema della malnutrizione, soprattutto infantile: un bambino su dieci muore prima del quinto compleanno. Le condizioni igieniche e sanitarie sono scarse in molte zone e in Etiopia circa 800 mila persone sono state contagiate dal virus dell'Aids.

I progetti che sosteniamo, sono rivolti allo sviluppo e al miglioramento delle condizioni di vita, cioè all’istruzione, alla salute e all’avviamento al lavoro, perché crediamo che questa sia l’unica via per portare questi paesi, nel futuro, a gestirsi in autonomia. In quest’ottica, proponiamo anche adozioni a distanza e sostegno a bimbi denutriti e abbandonati.     

E' un quadro difficile quello dei due Paesi che sosteniamo, compromesso, ma non privo di Speranza.

Ogni lunga strada comincia sempre con il primo passo, fatelo insieme a noi. Grazie!

I volontari de Il Seme della Speranza o.n.l.u.s.

Domani





L'industria della carità

 

E’ il titolo di un libro scritto da una giornalista che ha voluto documentare dove vanno a finire i soldi di chi fa beneficenza anche alle grandi Organizzazioni, Enti, Ong, Onlus, Fondazioni ecc. ecc.

Valentina Furlanetto ha studiato i bilanci, si è recata di persona e ha raccolto testimonianze. Si tratta di una inchiesta giornalistica, ovviamente, però è molto utile per chi si vuole informare su questo settore. Il risultato è sconvolgente, purtroppo.

Quando girano tanti fondi la tentazione è forte. Il fatto che i bilanci di parecchi di questi Enti non vengano pubblicati o lo si fa con ritardo la dice lunga. In Italia non è obbligatorio pubblicare il bilancio. Sbagliato, sbagliatissimo, perché chi dona deve poter controllare dove sono finiti i suoi soldi.

Anche nel nostro piccolo possiamo renderci conto di come vengono utilizzati i soldi molte volte. Riceviamo via posta biglietti, calendari, gadget di tutti i tipi... Questo costa, ovviamente. Fare pubblicità per raccogliere fondi è lecito, ma usarli in larga parte per costi di gestione strabordanti, foundrising pesanti, sono comportamenti scorretti.

Un capitolo dolorosissimo è anche quello delle adozioni internazionali. Non mi dilungo perché l’argomento è troppo delicato e questa non è certo la sede adatta per affrontarlo.

Come fare allora per navigare nella jungla delle organizzazioni di beneficenza?

Come minimo affidarci a chi si conosce e pretendere di sapere dove finiscono i nostri soldi.

Vi raccomandiamo di farlo. 

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